Ditta Dott.ssa Rosalba
Neuropsicomotricista
dell'Età Evolutiva
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Autismo&Co: nasce la rete pediatria-neuropsichiatria infantile per la diagnosi precoce

di Maria Luisa Scattoni, ricercatrice Iss e coordinatrice Osservatorio nazionale per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico

Istituto superiore Sanità, pediatri di libera scelta, neuropsichiatri infantili e associazioni scientifiche e di settore uniti per una valutazione sempre più efficace del neurosviluppo dei bambini. Questi sono i temi su cui la Sinpia e la Federazione italiana medici pediatri (Fimp), la Società italiana di pediatria (Sip), l'Associazione culturale pediatri (Acp), e il Sindacato medici pediatri di famiglia (Simpef) discutono nel convegno “Costituzione della rete pediatria-neuropsichiatria infantile per la diagnosi precoce dei disturbi del neurosviluppo”, che si tiene nella giornata del 4 novembre all'Iss.

Nell'ambito di questa importante rete sarà stretto un accordo tra Sinpia, Fimp, Sip, Acp e Simpef. Un accordo molto importante che permetterà di uniformare su tutto il territorio gli standard per il riconoscimento di questi disturbi attraverso un lavoro di formazione di tutti gli specialisti coinvolti. Questo lavoro di squadra ha come obiettivo innanzitutto colmare la distanza che c'è tra il pediatra di libera scelta e il neuropsichiatra infantile in modo da armonizzare i processi per il riconoscimento di disturbi come quelli del linguaggio e dello spettro autistico al fine di garantire diagnosi sempre più tempestive. Non appena la rete sarà operativa verrà inoltre costituito un gruppo di lavoro finalizzato alla valutazione delle buone prassi esistenti sul territorio nazionale e alla messa a punto di un protocollo di monitoraggio del neurosviluppo, secondo gli obiettivi dell'Oms. Obiettivo fondamentale della rete inserire ufficialmente in tutti i bilanci di salute dei bambini la valutazione strutturata del neurosviluppo.

I disturbi del neurosviluppo rappresentano una vera emergenza sanitaria che necessita di attività diagnostiche precoci e di interventi terapeutici tempestivi. A questo scopo, la costitituzione di un raccordo formalizzato tra i pediatri di libera scelta e i servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza è oggi considerato un approccio stategico per operare attività di sorveglianza e di screening dei disturbi del neurosviluppo che rispondano alle esigenze di praticabilità e applicabilità alla realtà assistenziale del nostro Paese.
Il 25 febbraio 2016 hanno preso il via le attività del progetto Osservatorio nazionale per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico, promosso e finanziato dalla Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria del ministero della Salute e coordinato dal Servizio di supporto e coordinamento alla ricerca (CoRi) dell'Istituto superiore Sanità. Nell'ambito di questo progetto è stata portata avanti una intensa attività di screening a livello nazionale per acquisire una stima di prevalenza dei disturbi dello spettro autistico ed è stato fortemente perseguito l'obiettivo di costituire una rete pediatria-neuropsichiatria per l'individuazione precoce dei disturbi del neurosviluppo.

Interventi a macchia di leopardo
Le attività progettuali dedicate al monitoraggio dei percorsi di diagnosi precoce per i disturbi dello spettro autistico, svolte in collaborazione con la Società Italiana di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza, hanno rilevato una estrema disomogeneità di modelli organizzativi e clinico-operativi della rete pediatria-neuropsichiatria infantile nelle differenti realtà regionali del territorio nazionale.

Oltre all'esigenza di consolidare e uniformare i raccordi formali e istituzionali della rete di servizi tra i pediatri di libera scelta e la neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza per la diagnosi precoce dei disturbi del neurosviluppo è emersa la necessità di investire sui processi di informatizzazione delle attività dei servizi di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza regionali e dei bilanci di salute. Inoltre, le attività del progetto ‘Osservatorio nazionale per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico' hanno evidenziato l'esigenza di investire nei percorsi di formazione centrati non solo sullo strumento di screening ma sulla problematica più ampia dei disturbi neuroevolutivi, focalizzati sullo sviluppo della comunicazione e dell'interazione sociale, sulle loro manifestazioni e sui loro disturbi nella prima infanzia. Tale approccio viene oggi considerato prioritario e strategico anche dall'Organizzazione Mondiale della Sanità.


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Cosa sono


Per Grave Cerebrolesione Acquisita (GCA) si intende un danno cerebrale, di origine traumatica o di altra natura, tale da determinare una condizione di coma, più o meno protratto, e menomazioni sensomotorie, cognitive o comportamentali, che comportano disabilità grave.

Da questa definizione vengono escluse le patologie cronico-degenerative e, di norma, gli esiti di stroke ischemici (cioè ictus cerebrovascolari di natura non emorragica).

Epidemiologia


In Italia esistono pochi dati epidemiologici che stimano a 250 casi su 100.000 abitanti/anno l'incidenza del Trauma Cranio Encefalico (TCE).
In carenza di dati italiani in genere si fa riferimento a stime internazionali che sono solo parzialmente trasferibili nella nostra realtà (Tiret, Hausherr et al. 1990), (Harrison and Dijkers 1992), (Thurman, Jeppson et al. 1996; Thurman and Guerrero 1999).

Sulla scorta dei dati a nostra disposizione si può così dimensionare il fenomeno nel nostro Paese: 14.000 il numero delle persone che annualmente sopravvive a una Grave Cerebrolesione Acquisita (di sola matrice traumatica); 6.000 il numero di persone che in un anno necessita di ulteriore ricovero in ambiente riabilitativo per effettuare cicli di Riabilitazione ad Alta Intensità (RAI).

Le Gravi Cerebrolesioni Acquisite rappresentano un problema sanitario e sociale rilevante per la elevata Incidenza e prevalenza di queste patologie, che colpiscono spesso giovani e adulti in piena età scolastica o lavorativa, per l'impatto emotivo e materiale sul sistema famigliare della persona colpita, con necessità frequente di profonde modificazioni nello stile di vita dei componenti della famiglia stessa, per le conseguenze sociali in termini di difficoltà di reinserimento scolastico o lavorativo, per il numero e la complessità delle sue sequele disabilitanti di tipo sensomotorio, comportamentale, cognitivo.

Cosa fare


Una persona affetta da Grave Cerebrolesione Acquisita necessita di ricovero ospedaliero per trattamenti rianimatori o neurochirurgici di durata variabile da alcuni giorni ad alcune settimane (fase acuta).
Dopo questa fase, possono essere necessari INTERVENTI medico-riabilitativi di tipo intensivo, anch'essi da effettuare in regime di ricovero ospedaliero, che possono durare da alcune settimane ad alcuni mesi (fase post-acuta).
Nella maggior parte dei casi, dopo la fase di ospedalizzazione, permangono sequele che rendono necessari interventi di carattere sanitario e sociale a lungo termine, volti ad affrontare menomazioni e disabilità persistenti, e difficoltà di reinserimento famigliare, sociale, scolastico e lavorativo (fase degli esiti).
Queste tre tappe (acuta, post-acuta e degli esiti) richiedono risposte specialistiche differenziate, con un “setting” riabilitativo che prevede un lungo percorso terapeutico, basato sul passaggio dal ricovero in cliniche di riabilitazione ad alta intensità sino al reinserimento del paziente disabile nel proprio ambiente domiciliare.

Problematiche


Le severe condizioni cliniche di questi pazienti esigono tempestive ed efficaci risposte sia sul versante sanitario che su quello psicologico e sociale.

Sul versante sanitario occorrono risorse strutturali, tecnologie e competenze mediche di alto livello, che sono molto costose e non si improvvisano dall'oggi al domani.

Parimenti rilevante è il supporto psicologico e l'intervento sociale che queste patologie richiedono, dal momento che in una Grave Cerebrolesione Acquisita non c'è soltanto una persona che soffre, ma con lui “ammala” l'intera famiglia ed il danno del paziente si riverbera su tutto l'entourage affettivo del paziente.

Crisi esistenziale

Le crisi esistenziali ed i momenti di crisi

Crisi esistenziali: significato

Nel corso della vita possono verificarsi eventi o momenti particolari che scombussolano il nostro equilibrio “personale” raggiunto fino a quel momento.
Ad esempio ci siamo sposati, siamo andati a convivere, o all'opposto ci siamo separati, e può succedere che ci sentiamo in difficoltà nella nostra nuova vita, non abbiamo ancora preso bene le misure, tutto è diverso e può sembrarci difficile e pesante affontarlo. Anche la nascita di un figlio non di rado mette in crisi i nuovi genitori. Può capitare infatti che oltre alla gioia, ci siano anche sentimenti di paura riferiti al prendersi cura del piccolo, ci si puo' sentire intimoriti, disorientati rispetto alla responsabilità che crescere un bambino comporta. I rapporti con la persona amata possono cambiare e non sempre si trova subito un nuovo equilibrio.

Altri eventi come un licenziamento ma anche una promozione, un trasferimento o un trasloco, l'inizio o la fine dell'università, la laurea, e ancora di più un lutto, una malattia, ecc. rappresentano una “rottura” con la vita che abbiamo conosciuto fino a quel momento. Sono sfide che possono metterci in crisi, e ci sentiamo smarriti e disorientati.

Gli adulti, ma anche gli adolescenti sanno molto bene che cosa significhi interrogarsi sul senso dell'esistenza e sul senso di sé: chi siamo, da dove veniamo, dove stiamo andando e soprattutto per quale motivo andiamo, cosa c'è dopo di me, che senso ha tutto questo?!?

Spesso queste crisi si risolvono nel momento in cui riusciamo a trovare un nuovo adattamento alla situazione che si è creata. Altre volte invece la crisi può “colpirci” in maniera più dura e ad un livello più profondo.

Stiamo vivendo una crisi esistenziale quando il disorientamento è tale da farci mettere in discussione tutto: gli altri, noi stessi, le scelte che abbiamo fatto e ciò che siamo diventati, possiamo sentirci cambiati, non riconosere più ciò che siamo stati fino a quel momento e non sappiamo come vorremmo essere (crisi di identità). A volte mettiamo in discussione il senso stesso della vita.

Crisi esistenziale: i sintomi e come uscirne

Di fronte alle sfide che la vita inevitabilmente mette lungo il nostro cammino possiamo reagire in molti modi. Se sentiamo, o crediamo, che la sfida sia troppo grande per noi, possiamo sentirci avviliti, inutili, incapaci, confusi, travolti dal caos che sentiamo dentro, scombussolati, impotenti. Non sappiamo come andare avanti.

In genere la crisi tende a risolversi man mano che impariamo ad adattarci ai cambiamenti che l'hanno creata. Il più delle volte tale adattamento lo troviamo “rimboccandoci” le maniche, magari confrontandoci con gli amici o con le persone a noi care.

A volte però può capitare che non riusciamo a trovare in noi la forza necessaria per affrontare le situazioni e anche la vicinanza di amici, parenti e conoscenti non ci è di aiuto. In questi casi può essere utile rivolgersi ad uno Psicologo o Psicoterapeuta per poter comprendere cosa ci sta frenando e quindi ci fa soffrire, e riuscire a trovare i modi per uscire dalla situazione.
Lungo il percorso riusciremo a trovare il modo migliore per vivere con serenità i nuovi aspetti della nostra vita.

Aprassia - Introduzione

L’aprassia è una condizione in cui, n assenza di disordini neurologici elementari motori o sensitivi, si manifestano difficoltà o incapacità nell’eseguire in maniera corretta movimenti volontari aventi significato (gesti), o privi di specifico significato; è un disordine di pianificazione (strategia del movimento) e programmazione (organizzazione degli stadi successivi che devono essere svolti per compiere un movimento)dell’attività motoria complessa, non dovuta a: paresi, atassia (movimenti incoordinati), distonia (disturbo del tono muscolare), discinesia (movimenti patologici), perseverazione.

Eziologia.

La causa più comune alla base dei disturbi del controllo cognitivo del movimento è la malattia cerebrovascolare. Le aprassie sono spesso la conseguenza di un infarto embolico o trombotico nel territorio dell’arteria cerebrale media.

Una lesione cerebrale traumatica, che implica in particolare un danno diretto o controlaterale delle porzioni anteriori del cervello, può causare incostanza motoria, adiadococinesia, perseverazione motoria o ecoprassia.

Un altro fattore eziologico è la comparsa di una neoplasia nelle aree associate con i vari disturbi del movimento.

Le malattie degenerative (es. morbo di Alzheimer), sono strettamente associate all’aprassia ideativa o ideomotoria.
Vi può essere anche una eziologia psicologica o motivazionale, come nel caso della disfunzione motoria psicogena, spesso accompagnata da malattie organiche.

L’ aprassia, nella maggior patre dei casi, si evidenzia solo nelle condizioni d’esame testologico, raramente appare nelle attività di tutti i giorni benchè la sua incidenza sia considerevole (dell’ordine del 30% nei cerebrolesi sinistri); i pazienti stessi non sono consapevoli del loro deficit prassico e non lamentano alcuna disabilità, oppure questa coesiste con deficit di altra natura quali un’emiparesi o un’afasia, che hanno una maggiore rilevanza. Sin da quando Steinthal (1871) parlò per primo di aprassia, questo termine è stato applicato ad un’ampia varietà di quadri clinici, estremamente eterogenei sia per sistema effettore coinvolto che per caratteristiche semeiologiche e patogenetiche: l’aprassia degli arti, dell’abbigliamento, dello sguardo, del distretto bucco-facciale, del linguaggio, del cammino, delle abilità costruttive ecc. Tuttavia, non mancano argomenti per una concezione unitaria: si tratta in generale di anomalie motorie riguardanti non tanto i meccanismi elementari del movimento, quanto la programmazione, l’organizzazione, la sequenzialità e l’armonia del movimento stesso. L’aprassia è contraddistinta da una dissociazione automatico-volontaria: lo stesso gesto che é eseguito correttamente in risposta a sollecitazioni contestuali, o a esigenze interiori, fallisce quando viene richiesto dall’esaminatore, fuori da ogni motivazione interna o esterna. Solo in casi estremi e forse solo in caso di lesioni bilaterali, si ha una interferenza con l’attività quotidiana. Vi è dunque un sostanziale accordo tra i vari autori nell’includere nella definizione di aprassia solo i disturbi a carico dei movimenti volontari ed appresi (Rothi e Heilman, 1997). Verrebbero quindi esclusi i disturbi della motilità automatica, in particolare a carico della deglutizione e dei movimenti oculari, e tutti i disturbi in cui il comportamento anomalo del paziente non può essere giustificato solo sulla base di un’alterazione motoria, quali la cosiddetta aprassia dell’abbigliamento e l’aprassia costruttiva; ques’ultime vengono attualmente interpretate come la risultante di anomalie delle capacità visuo-percettive e spaziali. Al termine “aprassia costruttiva” si preferisce pertanto quello di “disabilità visuo-costruttiva” (Benton e Tranel, 1993) o “incapacità costruttiva”. Un aspetto fondamentale dell’aprassia è che essa non è in relazione con le caratteristiche metriche e cinematiche che qualificano il movimento in quanto tale: l’ampiezza, la direzione, la prontezza e la velocità, la forza, il ritmo, la scioltezza, etc., le cui alterazioni si traducono in dismetria, atassia ottica, bradicinesia, ipostenia, adiadococinesia, asinergia etc. L’essenza dell’aprassia risiede invece ad un livello più elevato dell’organizzazione motoria, quello in cui i movimenti vengono “ideati” o “evocati” e “scelti”. La frattura nell’organizzazione gestuale può avvenire per due ragioni:

  • il paziente non sa cosa deve fare, non riesce cioè a rappresentarsi mentalmente il gesto da compiere. A questo tipo di disturbo corrisponde l’aprassia ideativa (AI);

  • il paziente non sa come fare, non è in grado di tradurre la sequenza motoria che ha in mente in un corretto programma innervatorio.A questo tipo di disturbo corrisponde l’aprassia ideomotoria (AIM).

Un’altra distinzione si riferisce al settore corporeo impegnato nel movimento (sistemi effettori colpiti): aprassia degli arti, della muscolatura orale, della muscolatura assiale o del tronco.

Si ritiene che nella programmazione di attività gestuali complesse vi sia una prevalente partecipazione dell’emisfero sinistro.

MODELLO INTERPRETATIVO DELL’APRASSIA.

Liepmann (1905b) propone che l’organizzazione gestuale di ambedue gli arti, così come della muscolatura bucco-facciale, sia sotto il controllo dell’emisfero sinistro. Le informazioni sensoriali (visive, uditivo-verbali, tattili), elaborate dall’intero manto corticale, convergono e raggiungono nell’emisfero di sinistra il senso-motorio (area sensitiva e motoria primarie). Geschwind (1965) sostituì nello schema di Liepmann il concetto di sensomotorio con quello di corteccia premotoria. La corteccia premotoria (PM) di sinistra manda delle afferenze sia alla corteccia motoria di sinistra, responsabile dei movimenti eseguiti dagli arti di destra, sia, attraverso il corpo calloso, alla corteccia premotoria di destra, che, a sua volta, invia fibre alla corteccia motoria destra, che controlla gli arti di sinistra.

Lesioni al modello:
  • con lesione dell’area temporo-parieto-occipitale sinistra (TPO), il paziente non è in grado di pianificare nessun movimento e procede per tentativi ed errori. Il paziente non ha nessuna idea di come deve essere svolta l’attività richiestagli (aprassia ideativa);<(li>
  • con lesione al fascicolo arcuato (connessione tra TPO e PM), l’informazione è elaborata ma non può essere mandata all’area PM. Il paziente ha dunque in mente un piano e se ne rende conto, riesce a riconoscere un movimento corretto da uno errato, per compiere una determinata attività, ma non riesce a compierla;

  • con lesione dell’area PM sinistra il paziente dimostra di sapere cosa deve fare, ma non sa come farlo, non riesce a programmarlo (aprassia ideomotoria);

  • con lesione dell’area motoria (M) sinistra, si ha un normale funzionamento della mano sinistra, ma non della mano destra;

  • con lesione del corpo calloso (CC) l’informazione non passa a destra; si ha aprassia sinistra o aprassia diagonistica;

  • con la disconnessione tra PM e M sinistre, il paziente è plegico a destra e aprassico a sinistra (aprassia simpatica).
    TPO sx------- PMsx -------- Msx ed Mdx (tramite il CC)------- PMdx ------- Mdx